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Amministratore di sostegno: nomina, rischi e poteri.

Amministratore di sostegno. Avvocato di famiglia Giancarlo Cerrelli

Cos’è l’amministrazione di sostegno?

Facciamo chiarezza sulla figura dell’amministratore di sostegno. L’istituto dell’amministrazione di sostegno è stato introdotto all’interno del nostro ordinamento dalla l. 6/2004, la quale ha inserito nel codice civile i nuovi artt. 404 e ss..

La nomina di un amministratore di sostegno può avvenire in favore della persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.

L’infermità o la menomazione psichica o fisica dovrà essere necessariamente verificata mediante un accertamento medico sanitario e dovrà essere tale da incidere sulla possibilità di autodeterminarsi in riferimento alla cura dei propri interessi, patrimoniali e personali.

Avvocato amministratore di sostegno. Milano, Roma e online.

Come diventare amministrazione di sostegno?

Possono proporre il ricorso, oltre allo stesso soggetto beneficiario, il coniuge i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, il tutore, il curatore, il pubblico ministero, i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona.

La competenza alla nomina dell’amministratore di sostegno spetta al giudice tutelare del luogo in cui il beneficiario ha la residenza o il domicilio.

Presupposti per la nomina dell’amministratore di sostegno

La nomina dell’amministratore di sostegno si rende necessaria in presenza dei seguenti tre presupposti normativi espressi:

  1. a) la persona è affetta da un’infermità, ovvero da una menomazione fisica o psichica;
  2. b) si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi;
  3. c) la disabilità della persona incide negativamente sulla gestione degli interessi personali o patrimoniali (c.d. nesso eziologico) (art. 404 c.c.).

Procedura per la nomina dell’amministratore di sostegno

Il giudice tutelare deve confezionare un decreto cucito su misura delle esigenze del disabile. Vengono indicati atti giuridici per i quali il disabile viene sostituito e rappresentato dall’amministratore di sostegno. Nei casi meno gravi egli viene semplicemente assistito. La richiesta di nomina può essere presentata personalmente anche senza l’ausilio di un difensore.

La misura dell’amministrazione sostegno può essere attivata unicamente nei confronti di persone maggiorenni.

Il giudice tutelare, una volta conclusa l’istruzione del procedimento, se ritiene di accogliere il ricorso, deve individuare la figura dell’amministratore di sostegno. Normalmente, l’amministratore di sostegno è scelto nella persona nei cui confronti l’amministrato ripone piena fiducia.

Il giudice sceglierà le persone, anche affettivamente, più vicine al beneficiario. Tra queste troviamo il coniuge non separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella. Troviamo anche il parente entro il quarto grado (art. 408, comma 1, c.c.) e l’unito civilmente.

Cosa succede se il beneficiario è solo?

Nelle situazioni di abbandono, il giudice può prescindere dall’elencazione che precede, chiamando all’ufficio di amministratore di sostegno «altra persona ritenuta idonea» (art. 408, comma 4, c.c.). In assenza di significative figure di riferimento, il giudice può nominare un professionista, avvocato, commercialista, un volontario adeguatamente formato, ecc..

Per effetto del decreto di nomina si constata una limitazione, più o meno ampia, della capacità di agire del beneficiario. L’art. 409 c.c. ha cura di precisare che il beneficiario conserva la capacità di agire per gli atti che non richiedono la rappresentanza o l’assistenza. La capacità di agire residua del disabile comprende quindi tutti gli atti che, a tenore di decreto, non devono essere compiuti unicamente dall’amministratore di sostegno.

Attività preliminari

L’amministratore di sostegno viene investito dell’ufficio a far data dalla prestazione del giuramento. Tra le attività preliminari a capo dell’amministratore vi è l’inventario dei beni, se il patrimonio dello stesso lo richiede. L’amministratore deve chiedere al giudice tutelare (unico competente in materia) le autorizzazioni per il compimento degli atti a carattere straordinario concernenti il patrimonio dell’amministrato. Periodicamente (con cadenza  stabilita dal g.t. nel decreto di nomina) l’amministratore deve presentare relazione scritta sull’attività svolta e sulle condizioni personali e sociali del beneficiario. Infine, al cessare della misura, egli deve presentare la relazione finale che deve essere approvata dal giudice. L’ufficio di amministratore di sostegno è gratuito, tuttavia il giudice, tenuto conto dell’entità del patrimonio e delle difficoltà incontrate, può assegnargli un’equa indennità.

Il provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno è modificabile?

Il provvedimento dell’amministratore di sostegno è sempre modificabile ed integrabile, con possibilità di sostituzione dell’amministratore, oltre che revocabile, venendo meno i presupposti istitutivi. La chiusura della misura può automaticamente verificarsi quando la stessa sia stata stabilita per un tempo determinato. In ogni caso, la revoca della nomina è disposta laddove cessino i presupposti normativi che ne hanno determinato l’apertura. Il procedimento di revoca è particolarmente agile, semplice e celere. L’istanza di revoca è comunicata all’amministratore di sostegno ed al beneficiario ed il giudice provvede con decreto motivato, acquisite le necessarie informazioni e disposti gli opportuni mezzi istruttori.

Differenza tra amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione

La differenziazione tra amministrazione di sostegno ed ulteriori istituti di protezione a tutela degli incapaci, quali interdizione ed inabilitazione, che non sono stati soppressi ma che rivestono carattere del tutto residuale (Cass. 24 luglio 2009, n. 17421; Cass. 1 marzo 2010, n. 4866), è individuabile non già nel diverso e meno intenso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto nella maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto, in relazione alla sua flessibilità e alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa.

La scelta della misura più adeguata alle esigenze di protezione appartiene al giudice. Dovrà individuare la misura con riferimento al tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario. Nel farlo bisogna considerare anche la gravità e durata della malattia, ovvero dell’impedimento, nonché a tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie.

Se il beneficiario non vuole l’amministrazione di sostegno?

La volontà contraria all’attivazione della misura dell’amministrazione di sostegno, ove provenga da persona pienamente lucida (come si verifica allorquando la limitazione di autonomia si colleghi ad un impedimento soltanto di natura fisica), non può non essere tenuta in debito conto da parte del giudice.

Per la nomina dell’a.d.s., il consenso/dissenso del beneficiario non rappresenta presupposto normativo di attivazione o non attivazione della misura.

Molte volte il consenso neppure è ipotizzabile in presenza di disabilità psichiatrica, ovvero, a fronte di talune patologie mentali (quali, ad es., schizofrenia, oligofrenia, sindrome di down, depressione maggiore, etc.) il dissenso non può non ritenersi viziato e come tale è irrilevante.

Invece, in presenza di persona in grado di esprimersi con lucidità ed unicamente affetta da disabilità fisica, il dissenso espresso va tenuto in considerazione da parte del giudice tutelare, in quanto espressione di autodeterminazione individuale. 

L’opposizione dell’interessato, dunque, non può impedire alla procedura di fare il suo corso, se questo è nel suo interesse.

Compito del giudice è la difficile individuazione del “giusto mezzo”, nella tensione tra autodeterminazione individuale ed esigenza di non abbandono civilistico del disabile.

In presenza di una rete protettiva attiva e tutelante, tuttavia, «l’amministrazione di sostegno non può essere istituita nei confronti di chi, pienamente lucido, vi si opponga, sempre che il giudice accerti che i suoi interessi siano comunque tutelati, sia in via di fatto dai familiari che per il sistema di deleghe attivato autonomamente dall’interessato» (Cass. 27 settembre 2017, n. 22602).

L’amministrazione di sostegno induce, comunque, una limitazione della capacità di agire, che rappresenta un diritto fondamentale della persona. Cosicché la nomina di sostegno si giustifica nella misura dello stretto indispensabile.

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