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Separazione dei coniugi
Avvocato per separazione: Milano, Roma e online
Se ti trovi su questa pagina per saperne di più in merito la separazione dei coniugi, in qualità di avvocato sarò felice di aiutarti a fare chiarezza.
Separazione dei coniugi Avvocato per la separazione
Con la pronuncia di separazione il vincolo matrimoniale viene affievolito. Vengono infatti meno alcuni dei doveri del matrimonio ed in particolare l’obbligo di coabitazione. Viene meno anche il dovere alla fedeltà, tuttavia, nei limiti dell’osservanza del rispetto reciproco.
Sopravvivono con la separazione alcuni doveri che derivano dal matrimonio, come l’obbligo di mantenere, educare, istruire la prole. Altri doveri, invece, vengono modificati a seguito della pronuncia di separazione. Tra questi vi è l’obbligo di assistenza reciproca o l’obbligo di contribuire alle necessità della famiglia. Essi vengono ridefiniti attraverso la regolamentazione dei rapporti patrimoniali fra i coniugi dopo la separazione e la determinazione di un assegno periodico di mantenimento.
La separazione può essere giudiziale, se è richiesta da un coniuge nei confronti dell’altro, o consensuale se è chiesta da entrambi i coniugi che hanno raggiunto un accordo sulle condizioni a cui essa è pronunciata.
La separazione è causa di scioglimento del matrimonio (art. 3, L. 1° dicembre 1970, n. 898). Il citato articolo 3 è stato modificato dalla L. 6 maggio 2015 n. 55, (nota all’opinione pubblica come “divorzio breve). Essa ha sostituito la durata della separazione di tre anni con diverso requisito temporale, ovvero “dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale”. “Sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale”.
Legittimazione e presupposti
L’art. 150, comma 3, c.c. specifica che il diritto di domandare la separazione, sia essa giudiziale o consensuale, spetta unicamente ai coniugi, i quali possono esercitarlo sussistendone i presupposti.
Ai sensi dell’art. 151 c.c. la separazione può essere pronunciata quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole (ipotesi quest’ultima di scarsa applicazione pratica).
Nel sistema attuale, dunque, ai fini della pronuncia della separazione non vengono in considerazione comportamenti contrari ai doveri coniugali tenuti da un coniuge nei confronti dell’altro, i quali potranno venire eventualmente rilevare come presupposto per la pronuncia di addebito.
Intollerabilità della convivenza
Il presupposto statisticamente più frequente a fondamento della domanda di separazione personale dei coniugi è l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Tale “clausola generale”, tuttavia, ha dato adito a differenti interpretazioni. Secondo un orientamento è preferibile una concezione oggettiva, che dia, cioè, rilievo ai fatti ed alle circostanze che rendono obiettivamente valutabile la situazione di intollerabilità della convivenza.
La Suprema Corte di Cassazione ha affermato che “pur dovendo la separazione dei coniugi trovare causa e giustificazione in situazioni di intollerabilità della convivenza oggettivamente apprezzabili e giuridicamente controllabili, per la sua pronuncia non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e di distacco spirituale di una sola delle parti. Il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare, in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione e a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità, l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, la convivenza.
Ove tale situazione d’intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, questi ha diritto di chiedere la separazione”. Assume dunque rilievo anche la volontà unilaterale di uno dei coniugi di separarsi.
Ai sensi dell’art. 151 c.c., la separazione personale può essere pronunciata ogniqualvolta si verifichino fatti tali da “recare pregiudizio alla educazione della prole”.
La separazione consensuale può anche essere conclusa attraverso un accordo di negoziazione assistita o, in mancanza di figli minori o equiparati, a mezzo di una dichiarazione congiunta resa dinanzi all’ufficiale di Stato civile (in virtù delle misure di degiurisdizionalizzazione, introdotte dal d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014).
Avvocato per separazione.
Assegno di mantenimento per il coniuge
Per effetto della pronuncia di separazione, il giudice può riconoscere a uno dei coniugi il diritto a percepire un assegno di mantenimento, stabilendone la periodicità. I presupposti del diritto in questiono sono: da un lato, che la separazione non sia addebitabile al coniuge richiedente l’assegno, dall’altro, che l’avente diritto non abbia adeguati redditi propri.
Il giudice, pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro quanto necessario al suo mantenimento, e quindi un assegno di mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. Tale assegno risponde ad una funzione assistenziale, essendo volto non già a ricompensare il coniuge dei sacrifici fatti nel corso della convivenza (cosiddetta funzione compensativa) o a risarcirlo delle conseguenze negative della cessazione della convivenza (cosiddetta funzione risarcitoria), bensì esclusivamente a fornirgli un sostegno di carattere economico per il tempo successivo al venir meno della convivenza.
Il riconoscimento di un assegno di mantenimento presuppone una duplice condizione: la non addebitabilità della separazione al coniuge istante e l’indisponibilità di adeguati redditi propri. Dal tenore dell’art. 156 c.c. può desumersi che il coniuge richiedente, ai fini dell’ottenimento dell’assegno, dovrà dimostrare l’esistenza di un divario patrimoniale con l’altro.
Ai sensi dell’art. 156 c.c., dunque, il giudice, per stabilire se e in quale misura sia dovuto il contributo per il coniuge, deve compiere una serie di passaggi consequenziali:
La questione dell’assegno di separazione non sembra essere stata scalfita dall’intervento delle Sezioni Unite in materia di assegno divorzile (Cass. SS.UU. luglio 2018, n. 18287): la giurisprudenza ha infatti ribadito che il tenore di vita continua a fungere da parametro di riferimento per l’assegno di separazione, a differenza del contributo ex art. 5 l. 898/70: il primo, infatti, presuppone il vincolo matrimoniale, il secondo il suo definitivo venire meno.
Se vuoi sapere di più sull’affidamento dei figli, leggi questo articolo: affidamento dei figli e assegno di mantenimento
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